Quel pizzico di ironia che serve a mettere pepe nella vita e a strappare un sorriso aiuterà a leggere queste righe un po’ sarcastiche, ma scientificamente provate dalla triade filosofica della tesi, antitesi e sintesi.
Sperimentazioni su scala cittadina hanno dato un resoconto interessante e inquietante nello stesso tempo: le mamme che sono in tribuna a vedere le partite dei loro figli amano il gioco in verticale. Nel senso di perpendicolare rispetto al suolo però. Giuro che non vi è traccia alcuna di sessismo – considerando quanto da sempre scritto sull’idiozia del maschio in rapporto al calcio – ma solo un esperimento con dati provabili.
Provate a inquadrare con il vostro cellulare in modalità videocamera una mamma qualsiasi, che sia leggermente coinvolta nella partita in corso e che abbia il figlio in campo. Non vi fate notare però. Ora mentre inquadrate lei, seguite lo svolgersi dell’azione in campo e l’esperimento avrà inizio.
La palla è in possesso degli avversari della squadra del nostro soggetto; ma, per un buon intervento difensivo, il figlio della cavia inquadrata riconquista la sfera al limite della propria area di rigore. Ora tornate con lo sguardo sul soggetto femminile e notate il rossore che aumenta, lo sguardo ipertiroideo che subentra, le mani che stringono i quadricipiti sempre di più fino alla lenta apertura del cavo orale e alla risoluzione dell’esperimento con il richiamo della foresta materno: “VIAAAA!”, oppure: “LUNGA!!!”, oppure: “SPAZZAAAA!”, oppure: “FUORII!”. Insomma mono o bisillabe regalate all’etere per mettere ansia alla propria progenie.
Noterete, come sintesi dell’esperimento che il calciatore, qualora dovesse seguire il consiglio tecnico tattico della genitrice, manderà il pallone ad inseguire nell’aria le parole della mamma, ricevendo da più soggetti perlopiù di sesso femminile – e qui l’uomo animale sociale aristotelico stravince – un coro di entusiasmo e soddisfazione per questo trionfo di casualità ma anche, perché no, di potenza machista.
Questo esperimento, ripetuto all’ennesima potenza, può regalare agli addetti ai lavori – tecnici formatori quanto meno preparati – esaurimenti nervosi di prim’ordine ma anche dati inconfutabili.
Allontanare il pallone dai propri piedi significa, simbolicamente, scaricare le responsabilità di sportivo. Già questo fa del gesto in sé, genericamente parlando, un messaggio sbagliato. Senza generalizzare occorre puntualizzare che ci sono situazioni limite in cui il “calcio in avanti – fuori – in alto” possono essere espressioni tattiche corrette, ma i dati del nostro esperimento parlano dello sviluppo della personalità di ragazzi del settore giovanile a cui, spesso, arrivano concetti opposti dalla panchina e dalla tribuna.
La mamma, forse preferendo un figlio che non commette errori piuttosto che uno che li commette per provare a costruire qualcosa, predilige quindi il gioco lungo e “VERTICAL”, ma denotando quanto meno una purezza e naturalezza che il genitore maschio medio nasconde dietro un velo un po’ ipocrita niente male. Perché il papà, dovendo dimostrare la propria competenza calcistica in tribuna di uno che “ne sa”, ama invece il “GIOCATE STA PALLA”, oppure il “LO VEDETE CHE CE SAPETE GIOCA’ A PALLONE”, oppure un più vago “GIRA STA PALLA” (freudianamente richiedendola per sé). Ma tutta questa richiesta di “gioco” paterno nasconde l’incognita del “DEUS EX MACHINA” del calcio giovanile: il risultato della partita in corso.
Vedrete, infatti, un’insolita unità maschio/femmina alla ricerca del gioco “verticàl” di cui sopra nel caso la propria squadra stesse vincendo o perdendo di un gol a pochi minuti dalla fine; si sprecheranno i “LUNGA”, “GIU’”, “VAI AVANTI”.
La palla il più possibile staccata dalla parte del corpo che differenzia il calcio dagli altri sport rendendolo il più difficile da eseguire – i piedi – rappresenta il modo con cui la tribuna genitoriale vuole evitare brutte figure ai propri figli, e quindi a se stessi.
L’istruttore capace, quando non fa il genitore bis dalla panchina, dovrebbe provare a smontare il cervello dei propri atleti cercando di far capire che il percorso di crescita passa dalla scelta tattica più giusta al momento e non dalle ansie familiari. Ci si proverà?
Noi ricordiamo che secondo dati certi in una partita di allievi regionali in media il giocatore che tocca di più il pallone lo tiene tra i piedi non più di quattro minuti e mezzo su ottanta di gioco, e che i difensori centrali orientano la ricezione per giocare con i compagni solo una volta su sei. Mamme, papà, tifate e incoraggiate senza scegliere su quale asse cartesiano vostro figlio debba sbagliare la sfera, e forse migliorerà e giocherà di più.

Daniele Andreozzi
Direttore Tecnico RIA Management

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